Milano🏴 da pene
Prima il confronto con le grandi
Da mani pulite a Expo2015 Milano ha percorso una cavalcata trionfale, innalzando i propri standard di vita e di proposta economica che hanno trasformato il capoluogo lombardo in una città ambita da tutti, stranieri compresi.
Lo ha fatto recuperando un antichissimo modo milanese, divenuto nei secoli un modello: testa bassa e lavorare.
È arrivato anche lo stravolgimento del panorama, laddove Milano ha pragmaticamente scelto di modernizzare il suo look: spuntano torri come funghi, alcune perfino interessanti dal punto di vista architettonico, presentando uno skyline unico in tutta la penisola.
Tutto ciò è stato possibile perché Milano e i milanesi si sono confrontati con i più bravi. E siccome non c’era niente di migliore in “casa”, la città ha dovuto paragonarsi con le capitali e le città estere.
Poi il confronto coi mediocri
Dopodiché è venuto fuori un altro fenomeno ricorrente nei secoli.
Milano e i milanesi hanno iniziato a pavoneggiarsi di tanto successo, mettendosi a confronto con le realtà che questi risultati non li hanno mai nemmeno pensati: fallitalia e le popolazioni fallitaliche.
Il risultato era fin troppo prevedibile: dal 31 ottobre 2015, giorno della cerimonia di chiusura dell’Expo, Milano ha iniziato a vivacchiare ostentando la sua supremazia con la penisola a forma di piede.
Man mano che i pezzi delle eccellenze mondiali se ne andavano, impacchettando i padiglioni di Expo, Milano ha smesso di programmare il proprio futuro guardando dall’alto in basso la mediocrità intorno a sé.
Quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti. La Madonnina vigila teneramente su una città che ha iniziato quel giorno ad abbassare tutti i propri standard di ambizione.
Siccome Milano era già migliore di ogni singolo avamposto di fallitalia, ha smesso di crescere ritenendo opportuno tirare il fiato dopo la generosa cavalcata di 23 anni compiuta all’indomani del terremoto Tangentopoli.
Colonizzazione compiuta: la Milano da qualunquemente
In quei 23 anni, però, si è innescato un meccanismo che non si ferma solo perché Milano ha deciso di tirare il fiato.
Risultati di tale portata hanno ingolosito la politica nazio(a)nale, che ha abilmente manovrato le amministrazioni comunali affinché la città che produce il 10% del PIL italiANO diventasse un feudo facile da controllare.
Milano, che per i vecchi milanesi era solo incidentalmente residente su italico demanio, è diventata fallitaliana.
La colonizzazione iniziata per regio decreto del 1861 si è concretizzata il 31 ottobre 2015, con tanto di pallosissimo discorso dell’allora presidente della repubblica (fatalmente lo stesso di oggi, al momento in cui scrivo).
Logommotiva
Inoltre, la follia totalitaria del coviddi e 3 anni seguenti, le chiusure e le restrizioni imposte al lavoro, hanno influito così tanto da ridurre la produttività. La Lombardia e – quindi – Milano, non sono più ufficialmente la locomotiva di fallitalia.
È del 20 novembre l’agenzia ansa che ne tesse il necrologio.
Tralasciando il fatto che PIL è un acronimo senza significato, uno dei pioli della ruota del criceto su cui i fallitaliANI corrono come deficienti, salta comunque all’occhio che il parametro che ha sempre contraddistinto l’intera regione (e la sua capitale) non è più un riferimento.
Continuare a lavorare a testa bassa ha impedito a tutti (me compresa) di tenere una visuale completa sul panorama circostante. La locomotiva è andata a sbattere contro il muro di gomma della colonizzazione fallitaliana, trasformandosi in una logommotiva.
Il confronto coi mediocri ha portato all’unico risultato possibile: fallitalia ha fagocitato l’eccellenza e ha trascinato con sé nel baratro l’unica realtà in grado di tenerla a galla.
Milano da Pene, regina dello skifiltor
La sanguisuga fallitalia ha fatto tutto ciò che fanno i parassiti: attaccarsi all’ospite, succhiarne la linfa vitale e portare alla morte dell’ospite stesso.
Certo: Milano è sempre l’eccellenza se paragonata alla mediocrità nazio(a)nale, ma la** metamorfosi da Numero-Uno-Assoluta a regina dello skifiltor** è comunque inaccettabile.
Fa sorridere e non poco analizzare questa dolorosa metamorfosi.
Ora il parassita fallitaliANO ha solo una strada davanti a sé: succhiare linfa vitale a Milano finché ce n’é, dopodiché mettere gli artigli su altre regioni che lo mantengono.
A chi toccherà adesso?
Il forte, fortissimo sospetto che le prossime ad essere aggredite saranno l’Emilia e la Romagna si è già concretizzato ai tempi del totalitarismo covidiota.
Vorrà dire che i fallitaliANI si faranno mantenere dalle pesche e dai tortellini.
Tutta qui la transizione green: non parassitare sull’industria (kattivissima che inquina) ma scroccare alle spalle di chi produce beni dalla terra e dalla natura.
La Romagna soprattutto, che letteralmente sfama tutta la penisola, farebbe bene a guardarsi le spalle
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